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Dressing Up Spaces
"Vestire" l'architettura è un'abitudine antica che si posiziona agli albori delle prime ipotesi espositive. Dal latino medievale displicare, to display indicava inizialmente l'azione del "dispiegare" ed era legato all'abitudine di appendere "panni dipinti" dalle finestre di vari edifici per commemorare eventi religiosi, politici e socialmente importanti. Queste pratiche di maquillage spaziale si delineano oggi come i primi tentativi espositivi dove sia la spazialità messa in scena che l'ambiguità degli artefatti integrati sembrano anticipare le ibridazioni tra display e design del display che hanno articolato la storia delle esposizioni del ventesimo e ventunesimo secolo. A partire da queste considerazioni, il volume rintraccia quelle situazioni ibride, sorta di sovrapposizioni estetiche, tra exhibit e dispositivo, tra esposizione e allestimento, tra display e design del display, che hanno seguito le evoluzioni contestuali proprie alla storia dell'arte e alle pratiche artistiche. All'interno di una prospettiva storiografica dove dall'oggetto si è passati al processo, dall'environment all'evento fino ad arrivare all'interazione situata, si tratta di mobilitare le problematiche e i dibattiti in corso sulla questione del design del display e sulla capacità delle nuove tendenze espositive a generare un rinnovamento delle forme di presentazione, dei processi di creazione e dei contesti di diffusione. Nel corso degli anni, le occasioni in cui opere, mostra e pratiche di allestimento sono apparse indissociabili, essendo per lo più assimilati alle dinamiche del loro completamento, si sono susseguite all'interno di un panorama artistico e culturale sempre più proiettato verso l'idea di uno spazio immersivo dove sperimentare altre modalità di fruizione estetica. All'interno di vari luoghi espositivi, istituzionali o indipendenti, l'azione dell'esporre si è spesso sviluppata come un esercizio di stile, un esercizio di posizionamento e spazializzazione dell'esperienza estetica per cui osservazione, percezione e fruizione spaziale, concepiti come gesti creativi, hanno finito per riposizionare l'individuo al centro di uno spazio sociale. La radicalizzazione di questo approccio si è perpetuata negli anni Settanta, come confermano, in ambito italiano, Opera o Comportamento organizzata da Renato Barilli nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 1972, o Ambiente/Arte di Germano Celant quattro anni dopo, sempre in Biennale, e poi negli anni Ottanta, con Aperto '80, la mostra organizzata nei Magazzini del Sale da Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann alla Biennale del 1980, o la ben più incisiva mostra organizzata da Jean-François Lyotard nel 1985 al Centre Pompidou di Parigi, Les Immateriaux. Queste occasioni testimoniano oggi del desiderio del tempo di liberarsi dall'immagine, di uscire dalla cornice contestuale, di abbandonare la rappresentazione formale e l'atto contemplativo, e di trovare invece un contatto più diretto con l'oggetto, con il corpo e l'esperienza del gesto artistico e infine di proporre un'idea più aperta e permeabile dell'arte per lasciare spazio a ciò che di solito è fuori campo, ossia: "[…] the indices of something which, when the work is built, is out of them".
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postmedia books | Pamela Bianchi è storico dell'arte e dottore di ricerca in estetica, scienze e tecnologie delle arti dell'Université Paris 8. Attualmente, è professore in storia dell'arte e del design all'École Supérieure d'Art et de Design (ESAD) di Toulon e docente di storia dell'arte alla IESA di Parigi. Dal 2013, è ricercatore affiliato al laboratorio AI-AC (Arts des Images, Art Contemporain) dell'Université Paris 8 dove ha insegnato per diversi anni la storia dell'arte contemporanea e le pratiche dell'esposizione. È stata ricercatrice presso la Biblioteca Kandinsky e il Centre Pompidou per i programmi di ricerca "Histoire des expositions aux XX et XXI siècle" (2013) e " Gallery/Anti Gallery" (2021). Nel 2019, ha organizzato il convegno internazionale DEA_Allestimento/Exhibition Design presso l'Università Paris 8 e l'École Nationale Supérieure d'Architecture Paris-Malaquais di Parigi. I suoi campi di ricerca includono l'arte e la spazialità, le ibridazioni curatoriali tra arte e architettura e le tendenze alternative, artistiche ed espositive, dagli anni Sessanta ad oggi. Tra le varie pubblicazioni, è l'autore del volume Espaces de l'œuvre, espaces de l'exposition. De nouvelles formes d'expérience dans l'art contemporain (Paris: Connaissances et Savoirs, 2016). |
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Pamela Bianchi | Dressing Up Spaces. Ibridazioni espositive tra display e design | Postmedia Books