Sartoria editoriale

Articolo Repubblica

 

 



Guida socio-gastronomica d'Italia
di Fabrizio Bellomo



postmedia books 2021
108 pp.
formato 204x127mm 
isbn 9798702826622

 

s

14,00

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Il 28 luglio 2018 Fabrizio Bellomo lascia la sua mansarda a Milano dopo che a maggio aveva chiuso uno dei suoi luoghi preferiti, "L'Albero Fiorito" la storica trattoria friulana di via Pellizzone, gestita dalla famiglia Riet. Ormai insofferente a una Milano succube del suo greenwashing, lo storytelling per cui in città tutti blablano di rigenerazione urbana senza pensare che le foreste sono orizzontali, l'artista torna a sud e in viaggio pensa alle vongole fujute, alla trattoria da Giovanni a Roma e a "I Valenza" a Torino, a Maria L'Inzivosa e per far sì che non l'abbiano vinta quei bar sui Navigli dove ti fanno pagare 18 euro una pasta e ceci l'autore decide di dedicare i suoi editoriali a un'Italia che scompare.

 

Un viaggio per l'Italia – fra vecchie trattorie, pellicole cinematografiche d'autore e versi di cantautori, fabbriche siderurgiche abbandonate e architetture fatiscenti, ricette culinarie di matrice popolare e contadina – e ristoranti cinesi o turchi a conduzione famigliare. Trattorie milanesi, romane o di Tirana – come punti di vista privilegiati per osservare le epocali trasformazioni antropologiche, dovute alla messa a regime economico di un'altra abbondante parte delle nostre città. Come dei borghi più piccoli – depredati da un turismo imperante. Un andirivieni su e giù per l'Italia, percorso in treno, a piedi, sui mezzi pubblici o in sella a vecchie motociclette – alla ricerca di un'umanità scappata (e che tenta ancora di scappare) "...come pesci alla rete della Storia", per dirla alla Montale. Una raccolta di editoriali e piccoli racconti pubblicati (o rifiutati) da una serie di testate, fra il 2017 e il 2020.
_ dall'introduzione

 

In fondo credo che la tua sia una critica ai meccanismi del capitalismo, all'accentramento di ricchezza, all'uniformazione dell'offerta turistica e, sul piano alimentare, alle monocolture – infatti paragoni gli ulivi pugliesi messi in ginocchio dalla Xilella con la quantità di case veneziane presenti su Airbnb e ora vuote a causa del Covid. C'è qualche strada percorribile per evitare di trovarci schiacciati da meccanismi di questo tipo?
Sono quasi tutte, quelle che stili, cose che hanno una radice comune, l'immagine. Compreso il capitale, immagina un capitalismo senza immagini e fotografie, ci si riesce? "Divieto per l'occhio di volere la sua parte" è una frase che l'artista Girolamo Marri ha scritto su una grande segnaletica stradale, durante un progetto pubblico da me co-curato. Ecco, credo che l'antidodo potrebbe essere qui descritto, nel rifiutare lo stradominio della vista sugli altri sensi. Franco Maresco, in un'intervista dichiara di essere stufo perfino del porno perché lo stesso avrebbe perso ormai la sua parte più interessante, il laido. E anche un certo cibo, credo abbia subito un trattamento simile. Bisognerebbe abbandonare questa attenzione all'immagine che poi non altro diviene, se non attenzione allo standard dominante. Ma non ho fiducia nell'essere umano, No. Di foto famigliari dei nostri nonni ne esistono a volte solo poche decine, dei nostri genitori qualche centinaio, sul mio telefonino, che possiedo solo da qualche anno, oggi ho contato 15678 Fotografie. Se metti in parallelo questo dato con l'omologazione esponenziale generatasi nelle ultime 7 decadi, i conti parrebbero tornare. Alla maggiore diffusione popolare delle immagini è corrisposta l'omologazione che ne è derivata: che si tratti di cibo, architettura e perfino di arte – o forse soprattutto –, poco o nulla cambia. Il mio è un libro contro il linguaggio visivo – specialmente quello della media borghesia – e a favore delle risposte che dalla necessità e dal bisogno hanno generato bellezza; la bellezza quasi sempre – risiede nella dinamica che ha generato le cose e non nell'immagine delle stesse.

_ dall'intervista di Federico Di Vita su ElleDecor, aprile 2021


 

 

 

 

 

 

 

 

postmedia books

Fabrizio Bellomo (Bari 1982), lavora modellando materiali d'archivio, con il video e attraverso installazioni pubbliche. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive (Biennale di Architettura di Venezia 2018, Macro di Roma, Triennale di Milano, KCB di Belgrado), attraverso diversi progetti pubblici commissionati (MuFoCo Milano e ICCD Roma), film festival (38 Torino Film Festival, 34e Cinemed – festival international du cinéma méditerranéen de Montpellier, 55 Festival dei Popoli). Per Postmedia Books ha pubblicato: Le persone sono più vere se rappresentate (2013) e Meridiani paralleli e pixel (2017). Ha scritto per Artribune, Exibart, Il Fotografo, Elle Decor, Zero, l'edizione pugliese di La Repubblica e ha scritto inoltre diversi editorial per Il Magazine del Sole 24 Ore, molti dei quali parte di quest'ultimo volume.

 

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