L'Antiestetica

Design & Crime

Il ritorno del reale

Il complesso Arte-Architettura
Hal Foster



postmedia books 2017
256 pp. 132 ill.
formato 170x235mm
isbn 9788874901906


26,00

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Negli ultimi cinquant'anni numerosi artisti hanno allargato gli ambiti di pittura, scultura e film allo spazio architettonico circostante, proprio mentre molti architetti esploravano il campo dell'arte visiva. A volte una collaborazione, a volte una competizione, quest'incontro costituisce oggi nell'economia della nostra cultura la base principale per la produzione di immagini e la configurazione degli spazi.
[Hal Foster]

 

Uno dei più grandi critici d'arte analizza lo stile globale di arte e architettura. Hal Foster, lo stesso autore dello stimato Design & Crime, afferma che una fusione tra architettura e arte è una caratteristica che tende a definire la cultura contemporanea. Identifica dunque uno "stile globale" dell'architettura (quello praticato da Norman Foster, Richard Rogers e Renzo Piano) che è analogo allo stile internazionale di Le Corbusier, Gropius e Mies. Più di qualunque arte, questo stile globale trasmette sia i sogni che le delusioni della modernità. Hal Foster dimostra che uno studio del "complesso arte-architettura" fornisce una comprensione inestimabile di quelle traiettorie sociali ed economiche più ampie che hanno più urgente bisogno di analisi.

Come il suo predecessore Design & Crime, questo è un libro di critica culturale, oltre che di critica d'arte o di architettura. L'approccio che si propone è a metà tra il commento giornalistico e la teoria specialistica; non cede agli argomenti di tendenza, né al diffuso atteggiamento post-critico. Capisco bene l'insofferenza che molti provano verso la negatività della critica, la sua presunzione di autorevolezza, la sua ostinata inattualità in un mondo in cui regna il disinteresse; tuttavia, la trovo ancora preferibile tanto alla superficialità dell'opinione a caldo quanto alla passività della ragion cinica, per tacere delle altre opzioni disponibili (cosa ha preso, per intenderci, il posto dell'attività critica? Il bello? Il sentimento? La celebrazione? Chi offre di più?). Si diventa critici o storici per le stesse ragioni per cui si diventa artisti o architetti: l'insofferenza verso lo status quo e il desiderio di trovare alternative. Senza critica, alternative non ce ne sono.
[Hal Foster]


_ Recensioni

Come suggerisce il titolo un po' sinistro, che ricorda i moniti di Eisenhower sul complesso militare-industriale e la suggestione di complessi di derivazione psicologica, la fusione tra arte e architettura non è necessariamente una buona cosa. Può divenire, suggerisce Foster, un mezzo per sfaldare la nostra coscienza, un nuovo oppio del popolo fornito dalle corporazioni e dai governi che usano opere d'arte "iconiche" e costruzioni per vendere città e proprietà agli investitori... Come teorico dell'architettura che legge Foster, che proviene dalla teoria dell'arte, trovo rinfrescante incontrare un certo grado di rigore intellettuale (anche se a volte opaco) che non si trova frequentemente da questa parte della barricata.
[ Rowan Moore, The Guardian, 16 settembre 2011 ]

Per chi mette insieme edifici e luoghi, un buon critico è prezioso. Può aprire gli occhi a idee e connessioni che non riuscivamo a vedere, informando e arricchendo il nostro lavoro. Sappiamo, ad esempio, che Louis Kahn pagava uno stipendio annuale a uno sconosciuto per fare il critico d'ufficio, con costernazione del suo contabile. Foster è straordinario quando rileva le conseguenze non intenzionali della nostra culturaconsumista sulle idee architettoniche e artistiche, in particolare a proposito di quegli architetti che immaginano il loro lavoro come critica al consumismo. Come un medico esperto, Foster capisce subito dove trovare il malessere, mettendo il dito sulla piaga delle contraddizioni intrinseche e sull'enorme difficoltà di sfuggire alle forze culturali onnipresenti e voraci che istantaneamente consumano, riconfezionano e vendono tale critica come una nuova merce.
[ John M. Cava, Arcade, aprile 2012 ]

Quando la Tate Modern ha aperto nel 2012 lo spazio dove una volta c'erano i serbatoi sotterranei dell'ex centrale elettrica, i visitatori venivano invitati a rispondere a due domande sulla nascita di un museo d'arte del XXI secolo: "come può l'arte cambiare la società?" E "qual è il ruolo del pubblico?" Intanto, il progetto "Tate Modern Project" di Herzog e de Meuron stava prendendo forma, un altro iconico nuovo edificio vicino alla vecchia centrale elettrica. L'analisi di Foster dell'odierna pratica architettonica aggiunge alla nostra comprensione degli "insiemi" dell'architettura artistica come questa, mettendo in evidenza l'imbarazzo delle pretese di molti edifici di offrire un impegno più chiaro e approfondito per i propri utenti (cioè gli spettatori delle opere d'arte). La risposta di Hal Foster alla domanda "come l'arte può cambiare la società?" si trova nei modi in cui operano gli artisti (come Richard Serra), che a loro volta coinvolgono gli spettatori, quindi la questione del "ruolo del pubblico" è insita in questo discorso. L'idea che gli spettatori guardino alle opere come cose fatte, piuttosto che come immagini, collocano la teoria e le alternative di Foster allo "spettacolo" in dialogo con l'idea di Jacques Rancière dello "spettatore emancipato". Altrove, recensendo Politica dell'estetica di Rancière, Foster concludeva che fare affidamento su degli "atti estetici" per riconfigurare l'esperienza e creare nuove forme di soggettività politica (per "ridistribuire il sensibile" secondo Rancière) era solo una bella idea. Il fatto è che l'arte non ha i mezzi per competere con lo "spettacolo", non puo' competere con la facilità con cui l'industria dell'immagine e dell'informazione controllano e concentrano "il sensibile".
[ Jeffrey Petts, Marx & Philosophy, gennaio 2014 ]


_ Hal Foster: "If the Shard is a symbol of anything...", The Guardian, Sept. 26th 2011
_ Hal Foster e Jacques Herzog: Architecture and Art..., Tate Talks, Feb. 10th 2014


 



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