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Note ai margini della storia dell'arte
buy from DE _ FR _ USA _ ESP _ NL _ SE A quali questioni la critica non ha dedicato attenzione, trasformando non detti in assenze sistemiche, preferendo piuttosto la ripresa di letture "classiche", "di stile" o fenomenologiche? In che modo razzismo e patriarcato riproducono le proprie gerarchie nella cultura, nell'arte?
Come leggere l'esclusione di artiste e di soggetti non bianchi dalla Storia dell'Arte Moderna italiana? Come sono state rappresentate donne e individui razzializzati? Sono soggetti con un'identità o sono allegorie? Note ai margini della storia dell'arte propone una lettura di opere, realizzate tra la fine del Duecento e l'Ottocento, i cui dettagli pittorici sono considerati tracce storiche di ragioni e sentimenti patriarcali e razziali. La "moglie del fabbro" Hedroit, Fillide che cavalca Aristotele, un gesto a "V" in opere del manierismo veneto, il Miracolo della Gamba Nera nel rinascimento fiorentino, la pittura orientalista di Cifrondi, opere monumentali barocche con schiavizzati e prigioni, pittrici del Cinquecento, il Collettivo Beato Angelico e l'invenzione colonialista del tempo, sono solo alcuni degli echi dal passato da cui ripartire per attivare nel presente i semi di un futuro sepolto.
Contenuti: L'invenzione del tempo, La Cooperativa Beato Angelico, Il canone della differenza, Spiritualismo e sorellanza, Visioni Elettrich?, Madelaine e Marianne, La serva nera nelle raffigurazioni con Giuditta e Oloferne. Gusto per l'esotico o affermazione di potere?, L'orientalismo di Antonio Cifrondi, Soggetto universale e blackamoors, Prigioni mori nei monumenti del barocco Seicentesco a Livorno, Marino e Venezia, Gondolieri neri nella Venezia di fine Quattrocento. Schiavizzati o uomini liberi?, Il "Miracolo della gamba nera" dei Santi Cosma e Damiano, I tableaux vivant pittorici di Pier Paolo Pasolini e Derek Jarman, Una lettura iconologia del gesto a "V" in opere del manierismo veneto, Fillide cavalca Aristotele, Hedroit, icona futura
E se è vero che "la differenza esiste, l'alterità si costruisce", motto da cui prende le mosse Stoichita, allora l'indagine sul visuale diventa la ricerca minuziosa di questo processo di costruzione e di messa in forma dell'Altro nell'arte occidentale, la cui storia ufficiale solo raramente ha preso in considerazione questo tema. Questo oggetto di ricerca interessa soprattutto gli ambiti delle scienze sociali, dei Visual Culture Studies di matrice anglosassone, degli studi postcoloniali e intersezionali, ma risulta poco frequentato dalle discipline più tradizionali dell'estetica e della storia dell'arte. In particolare, uno studio simile risultava quasi assente nel panorama specificamente nostrano, accademico e non. (...) «La filosofia estetica – scrive ancora Benaglia –, sin dalla sua apparizione alla fine dell'Illuminismo, ha funzionato come un discorso regolativo dell'umano, in cui risiedono le moderne concezioni dell'ordine politico, razziale e sessuale". […] È importante dare spazio nel contesto italico al modo in cui l'arte classica e il giudizio estetico siano connessi a economie razziali, e a come l'estetica di questo specifico contesto e periodo storico abbiano fatto nascere un "regime di rappresentazione" razziale, la cui ombra lunga arriva sin nel contemporaneo». Nelle pagine del libro, strutturato in forma di brevi saggi autonomi che affrontano diversi temi, traspare lo sforzo, anche appassionato, di favorire la "comprensione delle categorie storiche escluse dalla storia dell'immagine", di far emergere dall'ombra coloro che vi sono stati confinati, di spingere dai bordi verso il centro dell'obiettivo dello studio tutti quelli che sono stati tenuti ai margini delle rappresentazioni e dei discorsi sull'arte occidentale. Seguendo le tracce sedimentate nei secoli, l'obiettivo è quello di scrivere ciò che forse, con termine un po' improprio, si potrebbe definire una "storia inclusiva dell'arte" o, più propriamente, fissare un punto di vista diverso da cui guardare il passato per comprendere meglio il nostro presente, rilevando continuità e discontinuità, eredità e persistenze. Se negli ultimi decenni – grazie all'emergere dei femminismi, degli studi postcoloniali e dei visual culture studies – la storia dell'arte ha subito importanti cambiamenti metodologici, in Italia tale approccio gode di ben più timide e recenti applicazioni all'interno della disciplina. Il libro di Sara Benaglia Note ai margini della storia dell'arte (Postmedia Books, 2023, 156 p.), s'inserisce in questo campo di ricerca, volgendo lo sguardo a rappresentazioni di genere e razzializzate a lungo escluse dalle analisi più canoniche. I casi studio passano senza linearità dalla storia dell'arte medioevale fino a quella contemporanea, con un ampio focus sull'arte e l'età moderna – contesto che vede l'affermarsi di diversi rapporti dualistici (uomo/donna, colonizzatore/colonizzato) al centro di molte riflessioni dell'autrice. All'interno del volume Benaglia demistifica vari "regimi di rappresentazione" – ora del soggetto femminile come ancillare, ora di quello non occidentale come subalternità coloniale – che originano da quell' "indegnità di parlare per gli altri" legittimata come atto di potere.
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postmedia books | Sara Benaglia (Bergamo, 1983) è ricercatrice visiva e saggista. È curatrice presso lo spazio BACO - Base Arte Contemporanea Odierna di Bergamo dal 2016. Insegna alla NABA di Milano e alla LABA di Brescia. Scrive per ATPdiary, Doppiozero e Art e Dossier. Prima di Note ai margini la sua ultima pubblicazione è stata La mobilità della matrice (Lubrina Editore, 2021). È coautrice con Mauro Zanchi di Le insidie delle immagini (Postmedia, 2022) e METAFOTOGRAFIA (Skinnerboox, 2021, 2020, 2019). Per Postmedia ha tradotto Dimenticare la fotografia (2023) di Andrew Dewdney e L'arte della memoria nel mondo contemporaneo (in corso di pubblicazione) di Andreas Huyssen. |
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Sara Benaglia | Note ai margini della storia dell'arte | Postmedia Books 2023