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L'abuso della bellezza
Da Kant alla Brillo Box

di Arthur C. Danto

introduzione di Marco Senaldi


postmedia 2008
200 pp.
-- 32 illustrazioni
isbn 9788874900374


s 19,00

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Questo libro potrebbe essere considerato il terzo volume di una filosofia dell'arte contemporanea, considerando per primo La trasfigurazione del luogo comune (1980), che elabora l'ontologia dell'opera d'arte; e per secondo quello di After the End of Art (1997), nel quale analizzo cosa penso della storia filosofica dell'arte.
_ Arthur Danto

 

Un secolo fa, la bellezza era considerata quasi all’unanimità lo scopo supremo dell’arte e persino sinonimo d’eccellenza artistica. Tuttavia, oggi la bellezza è vista come un crimine estetico e gli artisti sono spesso messi all'indice dai critici se le loro opere sembrano mirare al bello.
Negli anni più recenti, alcuni artisti, critici e curatori hanno iniziato a considerare la bellezza sotto altri punti di vista. La discussione che ne risulta è spesso confusa, con eruditi che guardano talvolta alla bellezza come ad un tradimento del ruolo autentico degli artisti, altre volte si lavora duro per trovare la bellezza in ciò che apparentemente è disgustoso o grottesco.
Il critico d’arte e filosofo Arthur Danto spiega, in questo libro, come sia stata messa a punto la ribellione contro la bellezza e come l’avanguardia modernista l'abbia spodestata. Danto sostiene che i modernisti avessero ragione a negare che la bellezza fosse vitale per l’arte, ma è anche vero che la bellezza è essenziale alla vita umana e che non fosse necessario escluderla per sempre dall’arte.

Non mi considero antiestetico nel senso in cui Rosalind Krauss è antiestetica, o Hal Foster, che ha scritto L'anti-estetica. Ma pensavo che l'estetica non appartenesse all'essenza dell'arte, che era importante metterla da parte mentre mi occupavo di questioni di definizione, ontologia e, in particolare, della logica della storia dell'arte. Però ora sto tornando all'estetica. Immagino di avere una certa presa sugli altri temi. Sapete, ci saranno sempre delle difficoltà, ma le mie opinioni su questi punti di vista si tengono insieme. E ora il mio vero progetto è quello di tornare indietro e riconnettermi: Dove si inserisce l'estetica? Ecco perché ho scritto tanto sulla bellezza. E il mio modo di lavorare è che la bellezza va intesa in termini di significato. Cosa significa che un'opera è bella? Non si può obiettare a nessuno di vederla come bella. Quindi, se è bella, deve avere un significato. E ho cercato di sviluppare questa distinzione che io chiamo teoria interna della bellezza. Non la bellezza interiore, ma la sua relazione interna al significato dell'opera, in modo che se ti manca la bellezza, ti manca l'opera. E in altri casi, dove pensi di vedere la bellezza, ti manca l'opera perché c'è una ragione per cui non sia bella. E penso di poter fare molta strada in questo senso.
_ Arthur Danto


ll risultato, in ogni caso, è che l’ingresso nella contemporaneità implica che non possiamo più semplicemente fare uso della bellezza, siamo costretti a distorcere ogni rapporto equilibrato col bello – siamo, per così dire, condannati all’eccesso, al disequilibrio, alla violazione di senso e all’abuso. Il fascino specifico del pensiero di Danto è che egli non indietreggia mai di fronte alle conseguenze, anche le più estreme, di questo sbilanciamento.
_ Marco Senaldi

Esiste, dunque, una bellezza che può essere rilevante, che rompe con il tabù dell'insignificanza in cui l'aveva confinata il neopositivismo. Si tratta di una «bellezza interna», in quanto distinta da una «bellezza esterna» ai significati dell'opera. Danto procede, pertanto, a un recupero della bellezza, seppure non in termini estetici, ma all'interno di una prospettiva antropologica: la bellezza, inutile come categoria estetica, viene innalzata a valore per l'uomo e per il mondo della vita18. Epperò, se l'estetica sposta lo sguardo sul mondo della vita, che la società contemporanea tende a rendere sempre più bello, vuol dire che la bellezza resta una categoria estetica centrale, sebbene non più riferibile al mondo dell'arte.
_ Giacomo Fronzi, Micromega

Ne L'abuso della bellezza. Da Kant alla Brillo Box (Postmedia Books) Arthur Danto riflette sui motivi che hanno condotto a questa sorta di ribellione nei confronti della bellezza soffermandosi tanto sulle giuste ragioni che mossero le avanguardie a spodestarla, quanto sulla essenzialità della bellezza nella vita umana, dunque sulla transitorietà della sua esclusione. (...) Insomma, l'arte con la bellezza, ricercata o rifiutata, sembra destinata a dover fare i conti ed è proprio sul complesso rapporto tra arte e bellezza che si dipanano le riflessioni di Danto lungo tutto il volume facendo riferimento soprattutto al contesto statunitense. In tutti i modi, come scrive Senaldi nell'introduzione al volume, "l'ingresso nella contemporaneità implica che non possiamo più semplicemente fare uso della bellezza, siamo costretti a distorcere ogni rapporto equilibrato col bello – siamo, per così dire, condannati all'eccesso, al disequilibrio, alla violazione di senso e all'abuso".
_ Gioacchino Toni, Il Pickwick

 

postmedia books Arthur Coleman Danto (Ann Arbor, Michigan, 1924 - New York 2013) studia arte e storia alla Wayne State University prima e successivamente alla Columbia University dove prende il Ph.D. nel 1952. Dal 1949 al 1950, studia a Parigi grazie ad una borsa di studio Fulbright. Nel 1951 torna a New York per insegnare alla Columbia University dove per anni è stato titolare della cattedra di filosofia. Arthur Danto è stato presidente della American Philosophical Association e presidente dell'American Society for Aesthetics. Dal 1984 è critico d'arte per la rivista The Nation. Oltre a numerose pubblicazioni di filosofia Danto ha pubblicato pubblicazioni importanti di critica d'arte tra i quali Encounters and Reflections: Art in the Historical Present (1990) che gli è valso il, National Book Critics Circle Award; Beyond the Brillo Box: The Visual Arts in Post-Historical Perspective (1992); The Madonna of the Future: Essays in a Pluralistic Art World (2000). Con il titolo "Dopo la fine dell'arte" è disponibile presso Bruno Mondadori il libro After the End of Art (1998); mentre Laterza ha pubblicato nel 2008 "La trasfigurazione del banale". Il 2 ottobre 2007 gli è stata insignita la laurea ad honorem in Filosofia dall'Università di Torino.