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Francesca Alinovi
A me premeva dimostrare che non c'era nessuna scuola, solo spontanee convergenze su un comune clima di sensibilità. E io mi sono considerata come uno strumento catalizzatore di queste esperienze. Io mi sono comportata come un radar, pronta a captare quanto mi accadeva intorno […] Ho scelto questo mestiere perché non andava verso il senso comune. Ecco, a me piace non aver buon senso". Questo libro è una raccolta di articoli, interviste, saggi, e recensioni di Francesca Alinovi, intellettuale militante e figura di riferimento nel panorama artistico italiano e internazionale del post-punk. Apparsi su giornali, riviste e cataloghi dal 1976 al 1983, alcuni testi sono qui ripubblicati per la prima volta, mentre altri sono stati ripresi dal volume L'arte mia, rimasto, fino ad oggi, l'unico omaggio al lavoro critico di Alinovi. A questi si aggiungono scritti inediti (scannerizzati, laddove possibile, da documenti originali), alcune foto dell'epoca e una registrazione durante la quale Alinovi, qualche giorno prima della sua scomparsa, ripercorre le tappe salienti della sua carriera, divisa tra l'Italia e New York. Il volume è suddiviso in due parti, Arte Mia e Arte di Frontiera, due titoli (o meglio, due slogan) coniati dall'Alinovi stessa e che possono riassumere lo stile di scrittura, i temi e gli artisti che la critica e docente amava e recensiva. Nella prima parte, dunque, è stata messa in luce la sua ricerca più ampia, nazionale, rivolta prevalentemente agli autori (performer, musicisti, attori, artisti, fumettisti, illustratori, architetti e designer) italiani. "scritti alla frontiera" (fisica e intellettuale), che comprendono gli affascinanti reportage di Alinovi sull'arte nascente a New York, accompagnati dalle sue interviste ai protagonisti principali. Abbiamo qui incluso gli scritti sull'Enfatismo, movimento del quale Alinovi è autrice e protagonista, e che Ivo Bonacorsi approfondisce in una nota tecnica funzionale alla comprensione storiografica di questo fenomeno, tanto breve quanto intenso. Oggi, a distanza di quasi quarant'anni, in un tempo che sembra di appannamento generalizzato, è ora di ridare il giusto valore alla volontà di cercare nell'arte "elettroshocks e climax di lavori irritanti e sublimi […] emozioni e stupore".
Per tutti questi motivi è nata l'idea di questo volume, un libro "di" Francesca Alinovi e non "su" Francesca Alinovi. Al di là della fastidiosa mitologia cresciuta, suo malgrado, attorno alla prematura scomparsa di Francesca Alinovi, varrebbe la pena esaminare il suo contributo alla scena artistica a cavallo tra anni Settanta e primissimi anni Ottanta e a tale scopo viene in aiuto il recente volume Francesca Alinovi (Postmedia Books, 2019), curato dal giornalista e critico d'arte Matteo Bergamini insieme alla scrittrice, regista e critica d'arte Veronica Santi. Non si tratta di un libro su Francesca Alinovi, ma di un libro che le lascia, finalmente, la parola attraverso una raccolta di suoi articoli, interviste, saggi e recensioni, in buona parte pubblicati originariamente su giornali, riviste e cataloghi dalla metà degli anni Settanta sino al 1983, anno della sua scomparsa. Una parte di questi testi è apparsa in L'arte mia (Il Mulino, 1984, ristampato nel 2001), ma nel volume edito da Postmedia Books, non mancano, insieme a fotografie dell'epoca, alcuni inediti... Il volume riunisce due tra i più famosi libri di Francesca Alinovi (Arte Mia e Arte di frontiera) oramai introvabili e ne rivitalizza la figura densamente obliqua e profetica, riattivandone l’attitudine di catalizzatrice di eventi e individualità e di critica militante. originariamente su giornali, riviste e cataloghi dalla metà degli anni Settanta sino al 1983, anno della sua scomparsa. Alinovi rappresentò, già alla sua epoca, un caso anomalo di sperimentazione critica e curatoriale, coraggiosamente e appassionatamente presente sul campo, laddove spostamenti e oscillazioni del pensiero inscrivevano nuove avventure culturali. Una «testa pensante» la sua, che declinava orizzonti personali, spesso ardui e prematuri per un côté artistico italiano chiuso. Dunque l’arte coniugata alla musica, alla moda, all’architettura e al design, a teatro e fumetti in un continuo susseguirsi di ramificazioni estreme che Alinovi trasmetteva ai suoi studenti del Dams di Bologna o nei suoi articoli su riviste di settore e nelle mostre curate. Francesca Alinovi diventa performer del suo sguardo e pensiero sull'arte, dotata di una fisicità inquietante sapientemente avvalorata da un abbigliamento New-Wave, si "costumizza" secondo la moda di quegli anni e diventa personaggio.
Per capirci meglio basta guardare come si vestiva nelle fotografie pubblicate nel libro, gli ambienti che frequentava, come si atteggiava, gli arredi del suo appartamento a Bologna. Francesca in breve tempo nasce da se stessa, e il suo guardare-pensare coincide con il suo fare per l'arte, dove il confine tra visione critica e sensibilità artistica si compenetrano vicendevolmente.
L'unica pecca per una mente così poliedrica, curiosa e iperattiva, facile alla noia, nomade per vocazione, mai convenzionale per una cacciatrice di nuovi linguaggi artistici, all'epoca è stata di essere una donna blindata in un panorama culturale profondamente maschilista in Italia; poi libera di muoversi e spiccare il volo a New York, |
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postmedia books |
Veronica Santi è scrittrice, regista e critica d'arte specializzata in arti contemporanee. Il suo film I am not alone anyway (2017, Manufactory Productions / IWonder Pictures) è un documentario sulla figura di Francesca Alinovi. È co-autrice e regista del format Raid e co-fondatrice di Off Site Art (OSA) con la quale ha pubblicato Arte in costruzione (2015, UAO edizioni). Scrive di arte per riviste di settore, tra cui Artforum, Domus, Artribune, Tunica Magazine e sul suo sito LaSantissima. Matteo Bergamini è giornalista e critico d'arte, direttore Responsabile del magazine Exibart, e collaboratore per il settimanale D La Repubblica. Dal 2009 è stato Direttore Editoriale della rivista Confine, e ha collaborato con diverse testate. Curatore di mostre e rassegne in spazi pubblici e gallerie private, tiene regolarmente lezioni e conferenze. Con ArtCityLab e Carlo Vanoni ha curato la prima edizione della mostra BienNoLo e per Postmedia Books ha pubblicato L'involuzione del pensiero libero. Francesca Alinovi (Parma, 28 gennaio 1948 – Bologna, 12 giugno 1983) si laurea in Lettere con Francesco Arcangeli all'Università di Bologna, discutendo una tesi dedicata a Carlo Corsi. Dopo essersi specializzata in Arte Contemporanea con Renato Barilli, diviene ricercatrice presso il DAMS nello stesso ateneo e si dedica a studi riguardanti Lucio Fontana e lo Spazialismo, Piero Manzoni, la fotografia, il Dadaismo. Svolge un'intensa attività di critica d'arte militante, in Italia e a New York, diventando presto una talent scout di giovani artisti e intellettuale stimata. Fra le sue principali pubblicazioni, oltre ai saggi in cataloghi e in riviste specializzate (Bolaffi Arte, Domus, Flash Art), si segnalano: "Le due vie di Piero Manzoni“, in AA.VV., Estetica e società tecnologica, Il Mulino, Bologna 1976; Dada, arte, anti-arte, D'Anna, Firenze 1981; La fotografia. Illusione o rivelazione?, Il Mulino, Bologna 1981; "Natura impossibile del post-moderno", in AA.VV., Paesaggio metropolitano, Feltrinelli, Milano 1982. Una cospicua raccolta di saggi è stata pubblicata da Il Mulino nel 1984, con il titolo L'arte mia, ripreso da un articolo pubblicato su Iterarte (n. 21), nel 1981.
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