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La forma video
Negli ultimi trent'anni le immagini in movimento non sono più riconducibili ad un supporto fisico né ad un solo dispositivo di riferimento, tramite le tecnologie digitali sono esposte a continue rielaborazioni, sconfinamenti e attraversamenti, con il rischio di scivolare in un tutto indistinto. Il presente studio nasce dal desiderio di guardare alle sorti e alle mutazioni del linguaggio videografico, ripercorrendone una stagione molto problematica: che cosa ne è stato del video dopo l'introduzione delle tecnologie digitali? In quali forme sopravvive? Guardando ad un campione di mostre, opere, teorie, in campo internazionale, il libro ricostruisce una genealogia delle recenti trasformazioni di cui le immagini in movimento, cinema compreso, sono state oggetto. Verifica altresì come il video quale forma d'arte sia stato in grado, nella sua breve storia, di rinnovare il modo di rappresentare il mondo in immagine e di contribuire a ri-sensibilizzare la nostra percezione del reale. L'indagine sulle interferenze estetiche fra video e cinema e arte visiva costituisce un contributo originale nel territorio dei visual e media studies che hanno ignorato in generale la storia del video e dimostra che, attraverso le opere radunate e le analisi prodotte, il dispositivo elettronico è stato in grado, nella sua breve storia, di rinnovare il modo di rappresentare il mondo in immagine e di contribuire a risensibilizzare la nostra percezione del reale. Il contributo di questo volume va valutato dunque per aver ampliato, in direzione di un canone 'videografico' la nostra conoscenza della produzione elettronica e digitale e delle sue figure di scrittura videografiche, estendendo la loro incidenza dal video al più vasto territorio audiovisuale. Questa ricerca prende le mosse da un disorientamento: le immagini in movimento non sono più oggi riconducibili ad un supporto fisico né ad un solo dispositivo ma esposte a continue rielaborazioni, sconfinamenti e attraversamenti, con il rischio talvolta di scivolare in un tutto indistinto. La proliferazione degli schermi portatili e fissi, le immagini prodotte dal computer, le tecnologie di post-produzione, la realtà virtuale, l'immersività dei videogiochi, il web e la diffusione di piattaforme crossmediali: negli ultimi trent'anni le tecnologie della visione hanno completamente riconfigurato le relazioni tra soggetto-osservatore e i modi della rappresentazione audiovisuale. Se il digitale sovrappone ed uniforma formati e supporti, quale metodologia adottare per analizzarne i linguaggi? Come orientarsi e da quale prospettiva storico-critica osservare una simile multi visione?
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postmedia books | Milo Adami (Roma 1981) consegue la laurea magistrale in arti visive allo IUAV di Venezia e nel 2016 il dottorato alla Sapienza, Università di Roma. Insegna pratiche e teoria del video e del cinema documentario all'ISIA di Urbino e all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha pubblicato saggi in Medium senza medium (2014), Une télévision allumée: les arts dans le noir et blanc du tube cathodique (2018), collabora con riviste italiane e internazionali. All'attività di studioso affianca quella di artista e film maker, (A nord est, 2010, Dan Perjovschi solo in Rome, 2012). Nel 2017 ha vinto il Premio Zavattini con il documentario Mirabilia Urbis. |
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