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Dario Trento
Questo volume a cura di Elisabetta Longari dà forma alla volontà dell'Accademia di Belle Arti di Brera di rendere omaggio alla figura di Dario Trento, qui stimato docente per molti anni e impegnato anche sul fronte dello studio e della valorizzazione del patrimonio storico. Il libro, che riunisce contributi di chi - artista, storico dell'arte, ex allievo - ha avuto con Dario scambi intellettuali frequenti oppure ha condiviso con lui interessi per medesimi argomenti, è testimonianza della sua ampiezza di interessi e della sua profondità di pensiero. I suoi studi si rivolgono alla pittura del Cinquecento lombardo (i leonardeschi e in particolare Bernardino Luini) e a quella toscana (specialmente Pontormo) come alla scultura dei Sacri Monti. Interessi coltivati parallelamente a quelli per l'arte contemporanea, da Vasco Bendini a Sergio Romiti, da Carol Rama a Vittoria Chierici, da Pirro Cuniberti a Beppe Devalle. Il taglio critico di Trento era molto originale e strettamente connesso con le problematiche del tempo presente. - Dove sono arrivato?
- Risposta: la ragione di tutto questo sta nella mia esperienza estetica del mondo, i piaceri, gli abbandoni per paesaggi, luci e forme e opere d'arte insieme. In essa si ingloba anche la storia delle arti figurative, con i nuovi significati che sono venute a prendere nell'ordine contingente. Questo è il fondamento di verità delle osservazioni che ho raccolto finora.
- "Dario Trento. Una storia aperta", a cura di Elisabetta Longari, Postmedia Books. Un libro d'affezione sul critico d'arte "anni ottanta", ricercatore elusivo che seppe shekerare un'alta tradizione di studî (Francesco Arcangeli, Paola Barocchi...) con le urgenze della controcultura. La scena madre è Bologna 1977: laurea su Pontormo e subito si innesca la sua «démarche» di segno postmoderno alla Tondelli... Che volume singolare e raro ha mandato in stampa la casa milanese Postmedia Books, forte di un'etichetta già riconoscibile – sia per formati, sia per temi – sugli scaffali di estetica e storia dell'arte; libro che, offerto al pubblico nel candore immacolato di una copertina azzeccata, ha invece il sapore – familiare e intimo – del carnet privato, dei materiali custoditi con cura nei cassetti delle scrivanie ma ordinati soltanto dall'esercizio intermittente del ricordo: Dario Trento Una storia aperta (pp. 204, 47 ill., euro 19,00)
Appunti mal scritti, lettere mai spedite, messaggi inviati da lontano, buste ingiallite con francobolli da collezione, schizzi leggeri tracciati fra le pieghe all'angolo di un foglio, origami distratti e sghembi, foto iscritte sul retro, scatti persi nel tempo, documenti ormai inutili con volti troppo giovani e timbri obsoleti, stralci di giornale senza data e senza titolo: di queste 'carabattole' affettuose e necessarie, cariche di umanità, tiepide di vita, si rimpingua la smilza collettanea consacrata alla memoria di Dario Trento, figura di ricercatore affabile ed elusiva, autore di una bibliografia coerente e solo all'apparenza disordinata, voce inconfondibile per il panorama italiano
che va dagli anni ottanta al secolo nuovo; testimonio insomma della svolta del gusto che negli studi affrontò la via nostrana al postmoderno, organizzando un nuovo senso della storia, delle assenze e delle permanenze, un rapporto originale col passato e con gli strumenti della creazione, dell'analisi testuale e figurativa.
Si deve alla bella sensibilità di Elisabetta Longari, già al fianco di Trento nelle aule di Brera, un'iniziativa a tal punto generosa, che – chiamando a raccolta amici e colleghi – si è prefissa di restituire un ritratto, non esaustivo e tuttavia veritiero di quella carriera originale di conoscitore e critico, delle qualità dell'amico e del professore; un profilo – lo si è accennato – sfuggente per timidezza antica, per elegante understatement ma determinato nel perseguire una linea, in campo storico-artistico, nutrita dall'esempio di autorevoli voci novecentesche (la scuola longhiana nell'eco durevole di Arcangeli, la filologia severa della Barocchi professata dalla cattedra della Normale) e propensa comunque a intrecciare una visione inedita sul contemporaneo, in dialogo col clima cosmopolita e vivace vissuto in quei decenni fra new wave e immagini elettroniche, fra controcultura e imperio digitale. - Parole, queste di De Sanctis, che insieme a tante altre testimonianze, cariche di riconoscenza e affetto, formano un vero e proprio coro che, grazie alla curatela di Elisabetta Longari, ha preso forma nel bellissimo libro appena uscito per i tipi di Postmedia Books: Dario Trento. Una storia aperta. E dunque nello scorrere le pagine di questa raccolta, ci si imbatte nella figura di un grande ricercatore in cui la personalità, il metodo di lavoro, gli interessi specifici, la dimensione relazionale, costituiscono la figura unica dello storico dell’arte, del docente appassionato, del curatore e filologo scrupoloso. Con i contributi di: Giovanni Iovane, Elisabetta Longari, Claudio Lapesa, Lorenzo Gatti, Gianni Contessi, Emi Ligabue, Carlo Falciani, Ivo Bonacorsi, Flavio Fergonzi, Nataly Maier, Giacomo Agosti, Claudio Cerritelli, Massimo Maracci, Vincenzo Gheroldi, Mauro Manzoni, Giovanni Hänninen, Marco De Sanctis, Giovanni Meda Riquier, Sandro Scarrocchia, Riccardo Garolla, Leonardo Genovese, Anna Mariani, Guido Scarabottolo, Chiara Nenci, Roberto Casiraghi, Emanuel Sacchini, Vittoria Chierici
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Dario Trento (Sommacampagna 1953 - Milano 2015), ha studiato Discipline delle arti all'Università di Bologna dove si è laureato nel 1979 con una tesi sul Diario di Pontormo. Nell'anno accademico 1980-1981 ha ottenuto una borsa di studio presso la Fondazione Longhi di Firenze, dove ha proseguito le sue ricerche su Pontormo. Negli anni 1981-1984 ha frequentato il corso di Perfezionamento in storia della critica d'arte presso la Scuola Normale di Pisa, avviando una ricerca sui libri di ricordi e i documenti attinenti a Benvenuto Cellini. Il primo indirizzo di ricerca da lui praticato è dunque rivolto ai temi del manierismo fiorentino, di cui ha studiato principalmente i problemi posti dal rapporto tra i documenti scritti contemporanei e i fatti figurativi, anche in relazione alla complessa storia interpretativa di questa vicenda artistica nella storia dell'arte. Ha condotto ricerche in particolare sul Diario di Pontormo, sulla biografia di Pontormo scritta da Vasari e sulla Autobiografia, sui Libri di ricordi e sui documenti di Benvenuto Cellini. Ha condotto inoltre studi sull'arte italiana del Novecento, anche qui privilegiando il rapporto tra documenti scritti e documenti figurativi. Risalendo alla tradizione italiana che collega la civiltà letteraria con quella figurativa, ha condotto ricerche su alcune figure di letterati che hanno avuto rapporti con i fenomeni artistici (ad esempio il poeta e scrittore di partenza futurista Aldo Palazzeschi), di letterati artisti (in particolare la figura polimorfa di Pier Paolo Pasolini), di critici d'arte partiti da una vocazione e formazione letteraria (Francesco Arcangeli). Ha svolto attività di critico d'arte seguendo assiduamente il lavoro di alcuni artisti, attraverso articoli su rivista e scritti di presentazione in cataloghi di mostre. Si è occupato in particolare dell'attività di artisti italiani nella seconda metà del Novecento, dalla generazione attiva a partire dall'immediato dopoguerra e dall'informale (ad esempio C. Rama, P. Mandelli, V. Bendini, P. Cuniberti, P. Ruggeri), alla generazione che ha cominciato a operare negli anni Sessanta (V. Satta, B. Devalle, M. Bottarelli), agli artisti operanti a partire dalle poetiche dell'arte povera e del minimalismo (A. Boetti, G. Partisani, P. Manai, R. Rizzoli), alla generazione contemporanea e parallela alla Transavanguardia (V. Chierici, W. Cascio, M. Gasparini, A. Massaioli), fino alla generazione più giovane (M. Samorè, Balletti & Mercandelli, G. Cosci). Ha collaborato a quotidiani e riviste, tra cui "Il manifesto", "Alfabeta", "Indice", "Il giornale dell'Arte", "Slam", "Zeta" ed è stato critico d'arte della pagina bolognese del quotidiano "La Repubblica". Dal 1986 ha insegnato nelle Accademie di Belle Arti di Bologna, Torino e Milano dove in particolare si è occupato di ordinare e valorizzare il patrimonio artistico. I suoi studi spaziano dalla pubblicazione Benvenuto Cellini: opere esposte e documenti notarili (1990) al concepimento e curatela della mostra sull'Ultima cena di Leonardo, tenutasi nel 2010 a Brera, in cui si dava conto della fortuna iconografica del capolavoro leonardesco fino a Warhol.
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Ketty La